Con i toni di un brillante dramma medico, la serie tv sposta l’attenzione sull’eterna spalla di Sherlock Holmes e lo fa con un racconto teso e coinvolgente. Questo avviene dal punto di vista del dottor Watson. In America, a settembre parte la seconda stagione, su Canale 5 (e su Mediaset Infinity) la serie ha debuttato nel cuore di questa lunga estate caldissima
Sherlock Holmes non c’è più. E ora John Watson se la deve cavare da solo. Debutta martedì 19 agosto su Canale 5 in prima visione assoluta la nuova serie “Watson”. Approda sugli schermi italiani dopo aver fatto incetta di ascolti negli Stati Uniti. Già riconfermata per una seconda stagione, “Watson” è una serie medica con una forte componente investigativa, che presenta una versione moderna di uno dei più grandi detective della storia. Essa sposta l’attenzione dalle indagini sui crimini più efferati alla risoluzione di misteri della medicina moderna.
Una scelta ben ponderata che, al netto di qualche clichè di troppo, ha dato agio alla serie di rivelare fin da subito le sue qualità. Prende un po’ le distanze dalle atmosfere tipiche di Sherlock Holmes per virare su una storia più vicina a un medical drama. Watson funziona proprio per questo e nonostante non sia una serie tv originalissima, piace per il suo mix ben dosato. Un’espediente per riflettere sullo stato della medica e per attualizzare e modernizzare il mito di Sherlock e Watson.
Watson, di cosa parla la serie tv?
La storia raccontata nella serie Watson inizia 6 mesi dopo la morte di Sherlock Holmes per mano di Moriarty alle cascate di Reichenbach. Questo avviene esattamente come descritto da Arthur Conan Doyle nel romanzo L’ultima avventura. John Watson è distrutto ma per lui è arrivato il momento di voltare pagina. Riprende quindi in mano la sua carriera da medico e, seguendo le volontà del suo amico, fonda la Holmes Clinic a Pittsburgh. La struttura è specializzata nel trattare malattie rare e disturbi impossibili da diagnosticare per i medici tradizionali.
Lui però, applicando lo stesso metodo deduttivo di Sherlock, riesce a venirne a capo. Casi clinici e malattie diventano quindi misteri da risolvere, e trovare la cura giusta somiglia da vicino alla soluzione di un crimine. Il passato però è sempre in agguato: Moriarty pare sia ancora vivo e la nuova e serena vita di Watson potrebbe rivelarsi solo un’illusione. A dare il volto al dottor John Watson è stato chiamato Morris Chestnut. Egli ha già interpretato Beaumont Rosewood jr. in Rosewood e il dottor Barrett Cain in The Resident.
Watson, un esperimento che funziona, ma…
Partiamo da quello che funziona. L’impronta ricorda inevitabilmente Dr. House: casi clinici intricati, malattie che sembrano più indovinelli che diagnosi e un gruppo di medici alle prese con enigmi che spesso hanno più di un lato oscuro. La differenza sta nel protagonista: qui non c’è il genio burbero e insopportabile che ti fa tifare per l’infermiera esasperata. Al contrario, c’è un dottore carismatico, empatico e a tratti persino simpatico. Un upgrade non da poco, che rende la serie più accessibile. Il problema nasce quando Watson tira in ballo Sherlock Holmes. Perché, diciamolo, Sherlock è uno dei personaggi più abusati della storia della letteratura.
Ci hanno fatto film, serie, rivisitazioni moderne, persino cartoni animati. Vederlo sbucare ancora una volta, sotto forma di collegamenti più o meno diretti, dà un po’ la sensazione del “basta, per favore, lasciamolo riposare”. Qui arriva il punto: la serie funzionava benissimo da sola grazie a dei personaggi funzionali e di grande impatto. Sono i “casi di puntata” che risultano un po’ ingarbugliati, poco credibili e di difficile risoluzione. Per il resto e nonostante questo, Watson si lascia vedere con serenità. Convince perché ha saputo soppesare il lato mystery a quello medical, senza dimenticare di riannodare i fili con Sherlock. Inoltre, presenta un Moriarty ben diverso dal solito: più vendicativo e ancora più lesto.
La serie Watson per tutti gli appassionati di Conan Doyle potrebbe essere tanto una nuova finestra stimolante su un racconto che già conoscono quanto un’aberrante rilettura moderna. Potrebbe apparire algoritmica e woke per i più puristi e conservatori. Colpisce più per la storia orizzontale piena di riferimenti all’originale letterario e con uno sviluppo accattivante (nella stagione 2 sappiamo già che vedremo Sherlock), piuttosto che per i casi di puntata. Questi sono visti e rivisti negli ultimi medical drama.