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Forum di San Pietroburgo: la Russia plaude alla fine dell’egemonia Usa

Al Forum economico internazionale considerato alternativo a quello di Davos, il presidente russo Vladimir Putin parla della fine del mondo...

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Al Forum economico internazionale considerato alternativo a quello di Davos, il presidente russo Vladimir Putin parla della fine del mondo unipolare guidato dagli Stati uniti

In videoconferenza, interviene anche il presidente cinese Xi Jinping, che plaude all’intensificazione delle relazioni commerciali con Mosca e auspica un «avanzamento» della globalizzazione

Forum (semi)mondiale

Dal 15 al 18 giugno, la Russia ha ospitato il Forum economico internazionale di San Pietroburgo, cui quest’anno non hanno preso parte i rappresentanti delle economie euroatlantiche, Usa in primis. Tra i partecipanti, provenienti da 115 paesi, c’erano delegazioni di Emirati arabi uniti (Eau), Turchia, Venezuela, Algeria, Egitto, Bielorussia, Armenia, Kazakistan, ma anche di entità non statali, come la Repubblica serba di Bosnia (una delle due componenti della federazione della Bosnia ed Erzegovina) e di Stati non riconosciuti dalla comunità internazionale, come le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Tra gli ospiti, inoltre, c’era una delegazione dei talebani, che governano l’Afghanistan dal ritiro degli Stati uniti. Definito spesso l’alternativa al Forum economico mondiale di Davos, il vertice di San Pietroburgo, che nelle precedenti edizioni aveva contribuito a delineare la rete di relazioni commerciali e finanziarie di Mosca, quest’anno ha subìto l’impatto dell’invasione russa dell’Ucraina, rischiando in tal modo di riflettere una geostrategia delle relazioni internazionali imperniata sulla logica delle alleanze. In secondo luogo, la partecipazione dell’Algeria lascia intravedere ulteriori complicazioni che potrebbero sorgere se l’Europa si rivolgesse ad Algeri come fornitore alternativo alla Russia. In terzo luogo, la presenza di paesi come l’Egitto, gli Eau e la Turchia mostra altrettanti anelli deboli delle alleanze stabilite da Washington nei decenni successivi al secondo conflitto mondiale: il Cairo, che peraltro ultimamente si è avvicinato a Israele (altro alleato chiave degli Usa in Medio Oriente); Abu Dhabi, tradizionalmente ottimo cliente dell’industria degli armamenti statunitense, nonché paese affidabile, sia per le forniture di petrolio, sia per il peso di Dubai nella finanza mondiale; infine Ankara, l’alleata riluttante dell’Organizzazione del trattato dell’Atlantico Nord (Nato).

Cina e Kazakistan: due volti della cooperazione

In videoconferenza, inoltre, è intervenuto il presidente cinese Xi Jinping, mentre, a margine del Forum, il vicedirettore della China National Petroleum Corporation, Huang Yongzhang ha avuto un videocolloquio con il vicepresidente della compagnia russa Gazprom, durante il quale i due hanno siglato un accordo per un progetto di forniture di gas da Mosca a Pechino. Inoltre, Cina e Russia hanno raggiunto un’intesa sulla cooperazione anche in settori come quello dei generi alimentari e di prima necessità e quello dei trasporti e della logistica. Nel suo discorso, invece Xi Jinping, dopo aver sottolineato che il potenziale economico cinese non è cambiato, ha parlato degli ulteriori sviluppi delle nuove vie della seta, esprimendo l’intenzione di portare avanti le relazioni commerciali finora instaurate con la Russia malgrado le sanzioni. Da parte sua, il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha chiarito che non riconoscerà l’indipendenza delle due «repubbliche separatiste» di Donetsk e Luhansk, poiché il diritto all’autodeterminazione dei popoli, garantito dall’Organizzazione delle nazioni unite (Onu), è in conflitto con il diritto degli Stati all’integrità territoriale. Per questo, ha aggiunto, Taiwan, il Kosovo, l’Abkhazia e l’Ossezia meridionale non sono riconosciuti. Inoltre, Tokayev ha affermato di non approvare la guerra in Ucraina, nonostante l’alleanza tra Kazakistan e Russia, e di essere convinto che «gli Usa e l’Occidente come blocco hanno uno sviluppo economico solido».

Il discorso del re

In quest’ultima affermazione, Tokayev ha dunque risposto al discorso che Putin ha tenuto al Forum di San Pietroburgo, rinviato di un’ora rispetto al programma a causa di «massicci attacchi informatici», come li ha definiti il portavoce del Cremlino Dimitri Peškov. Putin, infatti, ha posto l’accento sulla forza del «popolo russo» e sulla sua capacità di affrontare qualsiasi sfida: «come i nostri avi», ha aggiunto, «risolviamo qualsiasi problema, come dimostra l’intera storia millenaria del nostro paese». Quanto all’Ucraina, il presidente russo ha espresso la volontà di proseguire la sua «operazione militare speciale», giustificandola come un modo per difendere il suo popolo nella regione del Donbas, oltre che per preservare il diritto di Mosca a uno «sviluppo sicuro». Per questo, secondo Putin, la guerra è stata una mossa «obbligata e necessaria», per rispondere «ai rischi e alle minacce crescenti». Quindi, ha accusato gli Usa di considerarsi «l’emissario di Dio in Terra», replicando che la Russia intende crearsi un proprio spazio in un nuovo ordine mondiale, fatto di «Stati forti e sovrani». Infatti, come ha più volte detto Xi Jinping, Putin ha dichiarato finita l’era dell’egemonia indiscussa di Washington, che, al contrario, ha accusato di provocare crisi nelle relazioni internazionali, nella sicurezza alimentare, nell’inflazione e nel commercio. Nel «nuovo ordine mondiale», secondo il presidente russo, chi non è in grado di affermare la propria posizione è destinato a rimanere «colonia degli Usa». Ne è seguita una critica alle sanzioni euroatlantiche, di cui, nondimeno, ha negato l’impatto distruttivo sull’economia russa. Al contrario, ha spiegato, le sanzioni hanno danneggiato soprattutto chi le ha imposte, soprattutto Bruxelles, che avrebbe commesso un «suicidio economico». Ciononostante, il presidente russo ha precisato che Mosca non ha nulla in contrario con un’eventuale adesione dell’Ucraina all’Unione europea, giacché quest’ultima non è un’alleanza militare. Per la stessa ragione, Putin ha assicurato che la Russia non risponderà alle sanzioni con l’autarchia, ma resterà un’ «economia aperta». Sia pure con un baricentro spostato a Est.

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