Rincari, si ferma la corsa di mais e grano

Acquistare cibo è sempre più costoso per via del caro energia, che nella determinazione del prezzo finale di vendita conta parecchio

I rincari ormai sembrano un’informazione assodata, il conflitto russo – ucraino ha avuto l’effetto di far crescere i prezzi dei prodotti agricoli, per via della difficoltà di trasporto e anche per le sanzioni all’economia moscovita. Grano, mais, olio di semi le referenze più colpite. Gli aumenti si inseriscono in un contesto già duramente provato dall’aumento del costo dell’energia e dei trasporti internazionali.

La buona notizia degli ultimi giorni va in controtendenza; le oscillazioni dei prezzi agricoli conoscono una prima battuta d’arresto da quando la guerra ha avuto inizio, ormai più di 30 giorni or sono. Il mais (utilizzato soprattutto come base per i mangimi) è calato del 2,5% ed il grano è stazionario, ovvero non è aumentato nell’ultima settimana.

La nota dei Consorzi Agrari d’Italia

L’informazione viene dal CAI – Consorzi Agrari d’Italia, e si basa sulla rilevazione settimanale della Borsa Merci di Bologna, punto di riferimento nel nostro Pese per le contrattazioni dei prodotti agricoli.

Cosa ha determinato questo stallo? L’affluenza di prodotti da altri fornitori, in primis Ungheria e Bulgaria, dopo che essi stessi avevano minacciato in un primo momento il blocco delle esportazioni.

Nello specifico, il mais scende a 395 euro a tonnellata, in calo di 10 euro rispetto alle quotazioni delle ultime due settimane, il grano tenero e quello duro restano invariati. Molto simile la dinamica dei prezzi per orzo e sorgo, mentre la soia invece sale, arrivando a quota 708 euro a tonnellata (+1%).

Il delta rispetto alla situazione ante bellica è sensibile. Dallo scorso 17 febbraio, ultima settimana prima dell’inizio del conflitto, il grano tenero ha osservato un incremento del 32,9%, il mais del 38,5%, sorgo e orzo del 39,8%, la soia del 12,3%. Sono comunque numeri molto significativi che rischiano di mettere in ginocchio il sistema produttivo italiano, che ha bisogno di importare il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti, il 44% di grano duro per la pasta, il 47% di mais e il 73% della soia, due prodotti fondamentali soprattutto per l’alimentazione animale e la zootecnia.

Rincari, il costo di energia e carburanti è determinante

Il consumatore inveisce contro la guerra, dunque. Ma almeno per quanto riguarda l’aumento dei costi per l’acquisto del cibo, il conflitto incide, sempre a detta di CAI – Consorzi Agrari d’Italia, solo per il 10% sul prezzo finale. La maggiore responsabilità va individuata nel caro energia, che ha reso molto più costoso produrre, nei rincari sui carburanti, il che per un Paese che basa il trasporto per più del 70% su gomma è esiziale, ed ai rincari subiti dagli imballaggi.

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