Mercato del bio in Italia, prime battute d’arresto ma il comparto tiene

In un quadro generale di calo dei consumi, legato anche alla forte inflazione, i dati raccontano che il bio ha subito una flessione minima dello -0,5%. Il settore, dato anche il periodo, ha comunque una grande attenzione da parte degli italiani e dei consumatori europei ed extraeuropei.

L’export del bio sta spingendo il settore agroalimentare in maniera importante, in una quota pari al 6% totale del comparto. L’e-commerce si sta dimostrando una via significativa perché arriva a nazioni come Usa, Canada e Cina che sono mercati importanti.

Tante, tantissime luci e qualche piccola ombra sul bio in Italia. Oltre ad una valenza significativa per la salute e l’ambiente, oltre al ruolo favorevole che il bio svolge per assicurare una giusta remunerazione ai produttori, lo sviluppo dell’agricoltura biologica è considerato anche tra i principali driver della transizione verde e la politica italiana ha così deciso di aumentare il sostegno al bio, con un incremento di risorse di 720 milioni di euro nei prossimi 4 anni. In sintesi, cresce l’offerta e il ruolo politico-ambientale del bio, ma non cresce il consumo e il valore del mercato.

Quanto conta il bio per il nostro Paese? La superficie biologica italiana è aumentata del 4,4%, come è emerso dai dati Sinab presentati pochi giorni or sono, arrivando a sfiorare i 2,2 milioni di ettari a fine 2021, circa il 18% della superficie agricola disponibile totale. Il mantenimento di questo ritmo di crescita anche nei prossimi anni permetterebbe di raggiungere i 2,7 mln di ettari al 2027, ultimo anno della Pac 2023-2027, e toccare i 3 milioni al 2030, valore prossimo al target Farm to Fork, la strategia dell’Unione europea, del 25% di superficie bio, da raggiungere entro la fine del decennio.

Bio in Italia, le produzioni a livello locale

Il quadro nazionale non è tuttavia omogeneo tra le diverse regioni, con alcuni territori come, ad esempio, Campania (+55%), Toscana (+25%) e Friuli-Venezia Giulia (+23%) in cui le superfici biologiche crescono a ritmi mai visti finora e altri come la Sicilia, che pur mantenendo il suo primato, ha perso in un anno più superficie biologica di quanta ne conti l’Abruzzo. Alla base di queste dinamiche molto differenziate, le diverse scelte operate dalle Regioni relativamente agli impegni agroambientali dei PSR 2014-2020 e in particolare l’uscita di nuovi bandi della Misura 11. 
Tra le diverse coltivazioni bio crescono soprattutto le colture permanenti (+3,5% nel complesso), con andamenti diversificati tra le diverse tipologie: si riducono gli agrumeti (arance -17,2% e limoni -0,8%) e rimangono sostanzialmente stabili i meleti bio (-0,4%) e gli oliveti (+0,5%) mentre aumentano i vigneti (+9,2%) e i noccioleti (+12,5%). Crescono anche le superfici investite a cereali (+2,8%) trainate soprattutto dai maggiori investimenti a grano duro e tenero, mentre risultano stabili le colture foraggere (-0,7%) e i prati e pascoli (-0,8%).

Ma anche l’allevamento è bio. L’analisi della zootecnia biologica fa emergere alcune rilevanti criticità per lo sviluppo del settore, con una incidenza dei capi allevati che nel complesso rimane inferiore al 10%. Nell’ultimo triennio le consistenze dei bovini, suini, ovini e caprini mostrano livelli pressoché stabili mentre il comparto degli avicoli (con particolare riferimento ai polli da carne e alle galline ovaiole) mostra una dinamica più marcata, tanto da guadagnare ogni anno circa mezzo milione di capi. A rallentare la conversione degli allevamenti sono le difficoltà tecniche che la gestione del biologico comporta: dall’impossibilità di poter far uso di antibiotici alla difficile reperibilità e alto costo dei mangimi biologici, dalla bassa richiesta del mercato agli alti oneri che comporta la riconversione delle strutture d’allevamento a un modello più estensivo.

Uno sguardo alle aziende

Relativamente agli operatori certificati a bio, i dati indicano una crescita di oltre il 5% rispetto al 2020, grazie ai 4.413 nuovi ingressi nel sistema di certificazione che hanno portato a 86.144 il numero complessivo di produttori, preparatori e importatori biologici. Una conferma alla grande vitalità del comparto nonostante le molte incertezze degli anni di pandemia. ­­Tra le imprese biologiche, particolare attenzione va riservata anche al settore ittico il cui sviluppo è particolarmente sostenuto dalle politiche europee e più volte richiamato anche nel Piano d’azione europeo per l’agricoltura biologica. L’acquacoltura biologica continua la sua evoluzione anche nel 2021 nonostante i valori assoluti siano ancora modesti: sono infatti 69 le aziende certificate (+12,8% rispetto al 2020), concentrate soprattutto in Veneto ed Emilia-Romagna. 

Sul fronte della spesa alimentare di prodotti biologici, nel 2021, si è registrata per la prima volta una riduzione degli acquisti di alimenti e bevande bio, e anche le prime indicazioni sull’anno in corso non lasciano ben sperare. Dopo l’ottima performance del 2020 (+9,5%), sostenuta da una maggiore propensione delle famiglie italiane all’acquisto di alimenti genuini e salutari e dal confinamento domiciliare indotto dal lockdown, lo scorso anno il valore della spesa si è infatti contratto del 4,6%, portandosi a 3,38 miliardi di euro, anche se è rimasta invariata l’incidenza del bio sul totale degli acquisti agroalimentari (3,9%). Le evidenze sui primi 5 mesi del 2022, limitate ai soli acquisti presso la Gdo, evidenziano un’ulteriore riduzione dell’1,9% su base annua, peraltro in un contesto di generalizzata crescita dei prezzi. A preoccupare, in questo caso, è soprattutto il confronto con l’agroalimentare convenzionale che segna nello stesso periodo un incoraggiante +1,8%.

Le imprese biologiche, tutti i numeri del business

⁃ 86.144 operatori bio di cui 62.333 aziende agricole, +5,4 sul 2020;

⁃ L’incidenza delle aziende biologiche sulle aziende agricole italiane è del 6,6% (la più alta in Toscana, Trento, Calabria e Marche);

⁃ Produttori/preparatori cresciuti del 14% durante il periodo pandemico. Si è registrato un affiancamento della trasformazione all’attività primaria;

⁃ 55% della sau nelle prime cinque regioni;

⁃ 57% sau nel mezzogiorno;

⁃ 21% sau nelle isole;

⁃ L’incidenza più alta in Calabria (35%), Toscana (34%) e Lazio (27%);

⁃ La Toscana è la terza regione e sopravanza la Calabria. 

Il valore della produzione bio

⁃ 3.96 miliardi di euro la stima del valore totale alla produzione dell’agricoltura bio, in crescita dell’11% rispetto al 2020 e del 7,3% rispetto al 2019;

⁃ Vite e seminativi biologici crescono in maniera continuativa da oltre un triennio;

⁃ Le colture permanenti perdono valore nonostante l’aumento delle superfici per via di basse rese produttive nel 2020 e 2021. 

Il mercato: la domanda di prodotti biologici

⁃ 3,9% l’incidenza costante del valore dei prodotti biologici rispetto al totale del comparto agroalimentare italiano;

⁃ -4,6% il valore di mercato al consumo domestico di prodotti biologici rispetto al 2020 (+4,5% rispetto al periodo pre-pandemico);

⁃ Le prime stime per il 2022 evidenziano una ulteriore contrazione rispetto al periodo gennaio-maggio 2021 (-1,9%);

⁃ Positivo il trend nel 2021 delle vendite online che raggiungono il 5% del valore del mercato.

In definitiva, le superfici coltivate a biologico in Italia continuano ad aumentare, così come gli operatori. che fotografano l’andamento del settore elaborati dal SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica) per il Mipaaf, i terreni coltivati a biologico nel 2021 hanno raggiunto 2.187.570 ettari, crescendo del 4,4%, L’incidenza delle superfici bio sulla SAU nazionale ha raggiunto il 17,4%, confermandosi la più alta in Ue. In crescita anche il numero degli operatori che si attestano a 86.144, con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente e del 78,5 % negli ultimi 10 anni.

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