Non abbasseremo i prezzi dei nostri vini. Il prezzo dei dazi lo pagherà il consumatore americano”



Matteo Lunelli, CEO del Gruppo Lunelli, ha lanciato un forte messaggio in risposta alle difficoltà imposte dai dazi sulle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti. In un’intervista recente, Lunelli ha sottolineato la sua posizione riguardo alla decisione di non abbassare i prezzi dei vini, nonostante le nuove tariffe imposte sui prodotti europei da Washington.

Il leader del gruppo che detiene marchi di prestigio come Ferrari Trento, ha dichiarato senza mezzi termini che “il prezzo dei dazi lo pagherà il consumatore americano”, mettendo in evidenza le gravi ripercussioni che la politica commerciale statunitense avrà sulle economie di tutti gli attori coinvolti nella filiera.

La guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa, che ha coinvolto principalmente i settori dell’industria aerospaziale e dell’agroalimentare, ha portato all’imposizione di dazi che colpiscono in particolare i prodotti enologici italiani. Questi dazi, stabiliti da Washington in risposta alle sovvenzioni europee per il gigante aerospaziale Airbus, hanno creato non pochi problemi per i produttori di vino, che si sono trovati a fronteggiare un aumento dei costi e una riduzione della competitività sui mercati internazionali.

Lunelli ha ribadito con fermezza che, nonostante le difficoltà, il Gruppo Lunelli non ha intenzione di abbassare i prezzi dei suoi prodotti per assorbire il peso dei dazi. Secondo il CEO, questo tipo di strategia non sarebbe sostenibile a lungo termine e, soprattutto, andrebbe a compromettere la qualità del prodotto e la reputazione del marchio.

Il CEO ha anche messo in luce un punto cruciale: le conseguenze di questa situazione non ricadranno solo sulle aziende vinicole italiane, ma anche sugli importatori, i distributori e i ristoratori statunitensi. Questi ultimi, infatti, dovranno far fronte a un aumento dei costi legati ai dazi, che inevitabilmente si tradurranno in un aumento dei prezzi per i consumatori americani.

Il messaggio di Lunelli non si limita a difendere gli interessi del suo gruppo, ma vuole anche mettere in guardia sugli effetti di una politica protezionistica a lungo termine. Se da un lato le aziende vinicole italiane sono abituate a navigare in un mercato internazionale complesso, dall’altro le imprese statunitensi che si occupano di distribuzione e ristorazione si troveranno a fare i conti con margini ridotti e un rischio maggiore di vedere una diminuzione della domanda. Se i consumatori americani si troveranno a pagare più caro il vino italiano, potrebbero decidere di rivolgersi ad alternative più economiche o scegliere altri prodotti.

Lunelli ha espresso anche una certa preoccupazione per il futuro del commercio globale, sottolineando che un’ulteriore escalation delle tensioni commerciali potrebbe danneggiare irreparabilmente l’intero sistema economico. In un mondo sempre più globalizzato, le aziende non possono più permettersi di affrontare i dazi come una realtà isolata. L’auspicio di Lunelli è che si possa giungere presto a una soluzione negoziata che permetta di allentare le pressioni sui prodotti agroalimentari e sul vino in particolare, evitando che le politiche protezionistiche danneggino i rapporti commerciali tra i due continenti.

Il discorso di Matteo Lunelli rappresenta un grido di allarme per un’intera filiera che si sta facendo strada nel mercato internazionale. L’introduzione dei dazi sui vini italiani da parte degli Stati Uniti rischia di avere conseguenze devastanti non solo per i produttori, ma anche per tutti gli altri soggetti coinvolti nel processo di distribuzione e consumo. La sua posizione chiara e determinata, che vede nel consumatore americano il vero destinatario del peso economico, è un segnale di quanto l’economia globale sia interconnessa e di come le politiche commerciali debbano tenere conto delle ripercussioni a lungo termine su tutte le parti coinvolte.