Intervista allo scrittore Pier Francesco Grasselli
Lo scrittore Pier Francesco Grasselli, che in diverse occasioni ho definito il “Bukowski dei giorni d’oggi” per la sua scrittura irriverente e autentica, è tornato in libreria con “Lei”, Pab, Provaci Ancora Bill Editore di Firenze.
Una versione corretta e con un finale nuovo di Psycho Love, romanzo autopubblicato che io ho tanto amato perché è una storia d’amore intensa e tormentata, scritta con uno stile degno di nota e soprattutto senza filtri che coinvolgerà il lettore tanto da far fatica a distaccarsene.
Francesco è uno scrittore egocentrico che oramai all’età di quarant’anni crede di essere immune all’”amore vero” e Dalia, una donna in carriera inquieta e dal passato tormentato. Tra i due si instaura subito una relazione sentimentale disfunzionale nella quale Francesco è così attento e devoto a soddisfare le esigenze e i bisogni della sua donna. Più lui è convolto in questa relazione, sulla quale in passato non ci avrebbe mai scommesso, più lei sfugge divenendo sempre distaccata, fredda e sfuggente. La relazione tra Francesco e Dalia nel corso dei mesi si fa sempre più sbilanciata e poco sana per la sanità mentale di Francesco che ne diventa ossessionato.

Lo stile di scrittura di Grasselli colpisce ancora e lascia un segno nella mente e nel cuore del lettore. I suoi personaggi incarnano la società odierna in cui l’individualismo e l’ego spietato dilagano ed è sempre più difficile instaurare rapporti autentici ed equilibrati basati su valori ed ideali saldi. Francesco e Dalia sono ben delineati psicologicamente e il lettore si ritroverà a seguire con interesse e coinvolgimento tutte le vicende narrate.
“Lei” invita ad intraprendere un vero e proprio viaggio tra emozioni forti spesso contrastanti, dinamiche relazionali altalenanti e passione pura invitandoci a riflettere su quanto l’amore puro sia in grado di elevarci e al tempo stesso inabissarci facendoci fare i conti con noi stessi e quelle “parti esiliate” che facciamo fatica ad accettare e comprendere perché sfuggono al controllo e al raziocinio.
E proprio di amore tormentato, di dualità dell’essere umano e scrittura conversiamo piacevolmente con l’autore che vi consiglio vivamente di leggere perché è in grado di sorprendere con ogni sua opera non annoiando mai.
Francesco, partiamo dall’origine come nasce l’idea di scrivere questo romanzo su una storia d’amore così passionale e tormentata?
Dalla vita ovviamente, e dall’esperienza. In realtà, scrivere questa storia mi ha aiutato a superarla, a metabolizzarla, perché è assolutamente vero che la letteratura è catartica, sia quella letta che quella scritta. Anzi, quella scritta a maggior ragione, perché scrivendo l’autore “scarica”, cioè butta fuori, esterna i propri traumi, le proprie emozioni, e così facendo ha modo di osservarle dall’esterno, oggettivamente, traendone le dovute lezioni.
Inoltre, visto che la stesura di un romanzo richiede innumerevoli revisioni, ripercorrere il testo tante e tante volte è un po’ come ripercorrere la storia stessa: all’inizio fa male, le ferite sanguinano; poi a poco a poco si cicatrizzano e non proviamo più dolore, accettiamo ciò che è successo, lo comprendiamo persino; i traumi – questi tiranni – perdono un po’ del loro potere, ogni volta, finché non ci fanno più né caldo né freddo, il che vuol dire che siamo finalmente liberi.
L’amore tra i due protagonisti genera una sorta di dipendenza. Come la possiamo definire?
È sicuramente una relazione sbilanciata e “tossica”, quella che ho dipinto. Nel senso di un rapporto malsano in cui uno dei partner sì, è dipendente e insegue, mentre l’altro sfugge. L’amore è venirsi incontro, in fin dei conti. Tutto il resto sono giochetti, delle dinamiche immature e appunto, “tossiche”, con cui l’amore, quello vero, ha poco da spartire.
Ma ci sono gradazioni diverse di amore, dopotutto – e variano in continuazione, in ogni rapporto. Dunque anche quella è una forma di amore, sia pure deviata e imperfetta. La chiave è avere la maturità di lavorarci su, a livello individuale e di coppia, senza seguire ciecamente le proprie pulsioni, né le proprie emozioni incontrollate, i propri raptus.
Il lettore si ritroverà a riflettere su ciò che è sano o meno in un rapporto di coppia. Quando un amore può definirsi” sano” secondo te?
Un rapporto è sano quando non si ha più bisogno di fare certi giochetti, di studiare mosse e atteggiamenti; quando ci si può comportare con naturalezza. Si ha la maturità di accettare l’altro per come è, di volere l’altro per quello che è, senza avere bisogno che si comporti “un po’ più da stronzo”, come dice la protagonista del romanzo al suo amante, perché altrimenti ci si annoia; e dall’altra parte senza che si abbia bisogno della costante presenza del partner – come invece fa il protagonista, Francesco – perché in sua assenza non ci si sente più completi né felici.
Nel tuo romanzo emerge la tematica della dualità dell’animo umano. Francesco si troverà a duello tra la sua parte razionale e quella istintiva. Esiste un equilibrio o è sola utopia, cosa ne pensi al riguardo?
L’equilibrio esiste e va raggiunto, o almeno ci si deve provare. Oggi come oggi io credo che la parte che fatichiamo di più a trattenere sia quella istintuale, in particolare le emozioni. Perché siamo molto immaturi, dal punto di vista emozionale. Frenare, gestire le emozioni senza lasciarcene sopraffare e più difficile che mai oggi che, come dice Galimberti, si riempiono le aule di PC anziché di romanzi. I giovani per esempio, sono lasciati a sé stessi, in balia degli smartphone e dei contenuti vuoti e insignificanti che veicolano. Non c’è alcuna vera educazione emotiva, salvo quella che ciascuno vive sulla propria pelle, a proprie spese, e forse questa è una delle ragioni del proliferare di tante tragedie.
Certo, i romanzi d’amore, le grandi storie della letteratura, possono facilitare la comprensione e la gestione delle emozioni per i fortunati che vi attingono. Non è tanto la letteratura, quanto la profondità che la letteratura favorisce e dona, a offrire questa opportunità.
Dalia è un po’ lo specchio della società odierna, individualista ed egocentrica. In questa società è possibile parlare ancora di amore autentico?
L’amore, come tutto il resto, oggi si è ridotto a qualcosa di molto superficiale, quasi consumistico. Dopo anni di frequentazione o di convivenza la storia scricchiola? Le persone oggi sono più propense a dire: “Basta” e “Avanti un altro”, piuttosto che a risolvere i problemi e far evolvere la relazione a un livello più alto, più impegnato. Quanto a Dalia, sì, è sicuramente il prototipo della donna odierna, in particolare della “business woman” individualista, presa da sé stessa – perduta anche, in una certa misura. Ma lo stesso si può dire di Francesco, che della società attuale incarna l’immaturità, la mancanza di controllo emotivo che contraddistingue molti uomini attuali, indipendentemente dall’età: quanti quarantenni o cinquantenni vediamo che si comportano come ragazzini, come Francesco? Tanti, purtroppo.
Ma l’amore autentico esiste, ne sono convinto: è quello che nasce tra individui che non si sono perduti nell’individualismo, che sono capaci di una maggiore profondità rispetto alla media, che possiedono sensibilità e maturità, senso di responsabilità, e che hanno coltivato in sé stessi valori importanti come la fedeltà, la famiglia e così via – proprio quei valori tradizionali che oggi il sistema e i media tendono a svalutare e a denigrare. Perché, come dice Gmork nella “Storia Infinita”, “è più facile dominare chi non crede in niente”.
A volte noi scrittori inconsciamente portiamo dentro alle nostre storie il nostro vissuto. Quanto di Pier Francesco Grasselli possiamo rintracciare in questo libro?
In Francesco, di Pier Francesco Grasselli, ce n’è tanto, lo dice già il nome. Non a caso, come ho detto, si tratta di un romanzo “di ispirazione autobiografica”, forse quello che muove di più, emozionalmente, il lettore, tra tutti quelli che ho scritto e pubblicato. Proprio perché di emozioni io stesso ne ho provate tante, nello scriverlo, e in qualche modo sono riuscito a “infonderle” nel romanzo, credo.
Sei il docente di un laboratorio di scrittura creativa a Reggio. Che ruolo ha la scrittura per te?
La scrittura è una via per esprimere la propria creatività, ed esprimere la propria creatività è importantissimo per la nostra salute non solo psichica ma anche fisica. Alejandro Jodorowsky dice che la malattia è causata da una inibizione della nostra creatività. Sarà per quello che non mi ammalo mai? Può darsi.
Di sicuro, ci sono poche cose che mi fanno star bene quanto fare il mio lavoro, scrivere, creare storie, esprimere ciò che sento, dire quel che devo dire, in modo anche duro, anche brutale… vedi i miei romanzi “politicamente scorretti”. Che i nostri pensieri, le nostre opinioni, le nostre intuizioni e fantasie abbiano uno sbocco, è vitale anche per questo: spesso è la nostra parte più vera e profonda che chiede di esprimersi, la nostra cosiddetta “anima”, e se riusciamo a dar voce a quella parte di noi, anziché all’ego capriccioso o al semplice, arido intelletto – che del resto non crea mai niente di nuovo, ma si limita a rielaborare le informazioni che già possiede – allora quel che ne risulta è realmente la “panacea universale”, per noi stessi e per gli altri.
Un consiglio che daresti a uno dei tuoi allievi, uno che voglia affermarsi in ambito letterario?
Di cercare sé stesso, prima ancora della letteratura e del successo. Perché se trova sé stesso (sì, con l’accento, come insegnava il Serianni), allora quella parte più profonda di lui che chiamiamo “anima” si potrà esprimere attraverso i suoi scritti, ed essi risuoneranno davvero nel cuore delle persone. Come disse Gesù: “Cercate il regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”.
Se invece cerca il successo senza aver prima trovato sé stesso, o una parte di sé stesso, o comunque senza aver lavorato su sé stesso per sfuggire alla mediocrità del livello di coscienza e di contenuti medio dei suoi simili, allora i suoi scritti rimarranno sostanzialmente prodotti vuoti, vani, ininfluenti. Passatempi, nient’altro.
Cosa bolle in pentola… stai lavorando ad un nuovo romanzo?
Ah ah. Come sai io sto sempre lavorando a un nuovo romanzo… e in questo caso a due nuovi romanzi, e anche a un manuale, ma il contenuto è ancora “top secret”.