

Per lungo tempo, si è creduto che il cervello umano adulto fosse incapace di generare nuovi neuroni. Questa convinzione, radicata nella neurologia del Novecento, è stata ampiamente superata dalle scoperte degli ultimi decenni. Oggi sappiamo che il cervello possiede un’inaspettata capacità di autoripararsi attraverso un processo chiamato neurogenesi, ovvero la produzione di nuovi neuroni a partire da cellule staminali neurali.
La neurogenesi avviene principalmente in due aree del cervello: l’ippocampo, coinvolto nella memoria e nell’apprendimento, e il bulbo olfattivo, che gestisce l’elaborazione degli odori. Nell’ippocampo, in particolare nella zona chiamata giro dentato, nuove cellule nervose vengono continuamente generate e integrate nei circuiti neuronali esistenti.
Questa capacità rigenerativa rappresenta una straordinaria risorsa per affrontare le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, il Parkinson e altre forme di demenza. In queste condizioni, la morte progressiva dei neuroni porta a deficit cognitivi e motori sempre più gravi. Promuovere la neurogenesi potrebbe quindi contribuire a limitare i danni e, in alcuni casi, a recuperare funzioni perdute
Diversi fattori possono influenzare positivamente la neurogenesi:
Attività fisica regolare: l’esercizio aerobico aumenta la produzione di fattori neurotrofici, come il BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor), che stimolano la crescita neuronale.
Alimentazione sana: una dieta ricca di antiossidanti, acidi grassi omega-3 e polifenoli favorisce un ambiente cerebrale favorevole alla rigenerazione.
Stimolazione mentale e sociale: apprendere cose nuove, coltivare relazioni e mantenersi attivi cognitivamente contribuisce al mantenimento della plasticità cerebrale.
Gestione dello stress: lo stress cronico riduce la neurogenesi, soprattutto nell’ippocampo. Tecniche di rilassamento e mindfulness possono aiutare a mantenerla attiva.
La ricerca scientifica sta esplorando nuovi modi per potenziare la neurogenesi endogena e per trapiantare neuroni derivati da cellule staminali nelle aree danneggiate del cervello. Sebbene ci siano ancora molte sfide da affrontare, i risultati preliminari sono promettenti.
In futuro, potremmo assistere allo sviluppo di terapie che, invece di limitarsi a rallentare i sintomi, puntano a riparare realmente il tessuto cerebrale danneggiato. Un obiettivo ambizioso, ma non più utopico.