M. il figlio del secolo è la serie tv di Sky che racconta l’ascesa di Benito Mussolini

Tra realtà e Storia, Luca Marinelli racconta la nascita del Fascismo in una serie cruda ma attualissima, ispirata a un celebre caso editoriale

C’è una vera e propria rinascita delle serie tv italiane. Grazie alle piattaforme streaming si è notato una certa attenzione a prodotti di alto profilo, diversi dal solito nei contenuti e nella messa in scena, che fanno brillare lo “stile” italiano nel mondo. Si può dire che Gomorra ha fatto da apripista a un vero e proprio fenomeno e, nel corso degli ultimi dieci anni, sono tante le produzioni italiane che vale la pena di vedere. Tra queste c’è M. Il figlio del secolo. In onda su Sky e in streaming su Now dal 10 gennaio, la serie è liberamente ispirata all’omonimo romanzo (del 2018) di Antonio Scurati. Diretta da Joe Wright e presentata in pompa magna al Festival del cinema di Venezia nel settembre del 2023, la miniserie è qualcosa di unico nel nostro panorama televisivo.

Un po’ drama in costume, un po’ satira sociale, un po’ racconto biografico: al centro della scena c’è la politica italiana di inizio ‘900 e l’immagine (molto controversa) di Benito Mussolini, interpretato da un bravissimo Luca Marinelli. Non è la classica ricostruzione asettica di una pagina di storia contemporanea, ma una rilettura intelligente e stimolante di quello che è stato il Fascismo in Italia e ciò che ha rappresentato Benito Mussolini nel nostro immaginario comune. Senza sconti e senza falsi perbenismi, M. il figlio del secolo racconta l’idiozia e la follia di un uomo che ha finito per cambiare – in peggio – il volto di una nazione.

Prima del Fascismo c’era solo Mussolini

L’originalità del prodotto è insita in un dettaglio molto particolare. La serie non entra a gamba tesa nel ventennio fascista e non apre una parentesi sulla dittatura che si è instaurata in Italia dopo il gennaio del 1925, M. il figlio del secolo costruisce e decostruisce il mito stesso del fascismo e la figura di Mussolini. Tratteggia un’Italia che è uscita a pezzi dal primo conflitto mondiale, e racconta di un paese dilaniato da una povertà assoluta, da i socialisti che non riescono a stare al passo con una società che vuole cambiare e da un popolo litigioso e in cerca del suo riscatto. Qui, e siamo nel 1919, emerge Benito Mussoli che cavalca l’insoddisfazione e la rabbia del popolo italiano. Da giornalista e direttore de Il Popolo d’Italia, spinto da una brama di potere e dalla voglia di “essere amato da tutti”, fonda I fasci italiani di combattimento.

È un movimento nuovo che si affaccia nel panorama politico a suon di slogan, di intimidazioni e colpi di fortuna. Spinto dalla sua sete, Mussolini riesce ad arrivare fin dentro al Parlamento e farsi votare dalla maggior parte degli italiani che eleggono il Duce come l’unico in grado di salvare il paese. Ma in quel movimento c’è del marcio, è popolato da figure accecate dalla rabbia e dal malcontento, che usano il loro stesso potere per piegare i più deboli. Nonostante ciò, Mussolini viene tampinato dai socialisti e osteggiato da Giacomo Matteotti. E con la sua morte e con il consenso totale, il partito si impone definitivamente in un paese che è già allo sbando.

Tra realtà e mito, la serie volge uno sguardo alla nostra contemporaneità

Per capire la gittata di un fenomeno di massa (se così lo si vuole chiamare) e per comprendere come un’intera popolazione abbia creduto nelle idee folli di un solo uomo, bisogna compiere un passo indietro. La serie, infatti, come abbiamo già specificato, non racconta l’ovvietà dei fatti ma spiega come e perché Mussolini sia riuscito a imporsi con leader. E la risposta è molto semplice: ha parlato alle masse, facendo leva alla pancia di un paese scossa e derelitta, facendo anche leva sugli ideali italici e sul fatto di essere una valida alternativa a ciò che c’era in politica.

Per l’epoca poteva anche essere una “scelta giusta”, ma nessuno ha mai badato alle conseguenze. Da qui, il ritratto che emerge è un Mussolini macchiettistico, ben lontano dal leader che lui vorrebbe essere. Vive nell’illusione di costruire un paese migliore sulla violenza, sulla coercizione e sull’intimidazione, senza badare ai reali problemi. In questa fotografia, così aderente a ciò che è stato il politico, Luca Marinelli regala (forse) al pubblico l’immagine più lugubre di Mussolini. Lui racconta il male stesso e lo fa occhieggiando alla telecamera, rompendo la “quarta parete”.

Il passato che aiuta a comprendere il presente

Che sia una serie di rara bellezza, questo è un dato di fatto. Che sia una serie che cerca di mettere sotto la lente d’ingrandimento un periodo buio per l’Italia è un atto dovuto, ma c’è di più. M. il figlio del secolo mostra quanto può essere insidiosa la politica, quanto può essere insidiosa l’idea di uomo che urla e strepita solo per sputare slogan e fatti irrealizzabili. Vuole essere un monito a non fermarsi alle apparenze, a imparare dai propri errori e dalla Storia stessa, e per fare in modo di non ripetere gli stessi errori. Cosa che, a quanto pare, nessuno ha (veramente) compreso.